Silvio Berlusconi, Monza e Milan in lutto

Se n’è andato a 86 anni il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi – ricoverato da venerdì scorso per accertamenti legati alla leucemia mielomonocitica cronica di cui soffriva La situazione sarebbe precipitata nelle ultime ore. Dal 2018 era il proprietario del Monza. Il presidente che ha cambiato la storia del calcio. Uno dei presidenti più vincenti della storia del calcio. Al suo nome è legato il ricordo del grande Milan di Sacchi, Capello e Ancelotti.

Il nome di Silvio Berlusconi – spentosi oggi a 86 anni – è stato, e rimarrà sempre, legato a quello del Milan che ha vinto in Italia e in Europa con Arrigo Sacchi, Fabio Capello e Carlo Ancelotti. Berlusconi è stato il presidente più vincente nella storia del calcio italiano. Sono ben cinque le Champions League che ha conquistato con i rossoneri tra il 1989 e il 2007. Se ne va un pezzo di storia del calcio e in particolare del Milan, che il Cavaliere acquistò nel lontano febbraio del 1986, quando ‘sua emittenza’ rilevò la società milanista sull’orlo del fallimento provocato dalla gestione di Giussy Farina. Se si dovesse fare l’anatomia di un istante, nella straordinaria vita di Silvio Berlusconi, forse si dovrebbe scegliere la sera dell’ 8 novembre 2011. Non il giorno in cui aprì il suo primo cantiere edile, a Brugherio, nel 1964, o fondò la Fininvest, nel 1975, aprendosi la via di un impero televisivo e finanziario che lo rese uno degli uomini più ricchi del mondo. Né il giorno in cui scese in campo, avviandosi a vincere tre elezioni e mezzo e a guidare quattro governi per il tempo record di nove anni. Né la volta che scese con l’elicottero sul campo dell’Arena per inaugurare l’epopea del Milan, che vinse cinque Champions e otto scudetti in trentuno anni. No. Berlusconi si è preso nella sua vita tanto di quel potere, che il vero magic moment, l’istante da raccontare, è quello in cui l’ha perso. Le cose stavano così: l’Italia andava a rotoli per via dell’attacco dei mercati al nostro debito pubblico. Spread oltre 500 punti. Merkel e Sarkozy che ridevano in pubblico di lui. L’Europa che aveva paura di affondare insieme all’Italia. Gianfranco Fini si era fatto un partito ed era passato all’opposizione. Otto deputati, tutti ex «fedelissimi», tradiscono il Cavaliere in un voto decisivo, facendogli perdere la maggioranza a Montecitorio. La dimensione «larger than life», fuori dall’ordinario, della vicenda umana e politica del Cavaliere è tutta nel momento in cui lasciò per sempre Palazzo Chigi (e che lui poi più volte derubricherà a mero «complotto», facendo così torto innanzitutto a se stesso e alla scelta responsabile che fece). A quella giornata a suo modo storica non fecero onore i cori di «buffone, buffone» sotto Palazzo Chigi e le ali di folla festanti davanti al Quirinale per le sue dimissioni. Come nella sera delle monetine a Craxi, si mostrò allora un’Italia capace di codardo oltraggio, dopo lunghi anni di servo encomio.

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