COMUNE DI LUCIGNANO – A oltre 100 anni dal furto, avvenuto nel 1.914, ritrovati dei pezzi che compongono il prezioso reliquiario capolavoro di arte orafa e simbolo di Lucignano in provincia di Siena. La segnalazione dell’esistenza degli elementi trafugati è stata fatta al sindaco di Lucignano da Franco Rossi, ex assessore del comune di Montepulciano. Roberta Casini ha richiesto l’intervento dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
Annunciato il restauro completo dell’opera da parte dell’Opificio delle Pietre Dure grazie al contributo della Regione Toscana. Il restauro è stato affidato all’Opificio delle Pietre Dure grazie ad un finanziamento della Regione Toscana. Restituiti alla collettività alcuni importanti elementi dell’Albero della Vita, capolavoro della oreficeria italiana, sino ad oggi dispersi. Il restauro è stato affidato all’Opificio delle Pietre Dure grazie ad un finanziamento della Regione Toscana.
A Lucignano, Arezzo, sono state recentemente rinvenute, grazie alla collaborazione del Nucleo Carabinieri per la Tutela dei Beni Culturali (TPC) di Firenze, alcune importanti porzioni del cosiddetto Albero d’oro di Lucignano, il fiabesco, colossale reliquiario considerato tra i capolavori assoluti dell’arte orafa italiana. A oltre cento anni dal furto del 1914, il recupero di alcuni elementi dati per perduti costituisce un evento di grande importanza. L’annuncio del rinvenimento è stato dato, nel corso di una conferenza stampa accolta dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, dal Comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Firenze Cap. Claudio Mauti intervenuto anche in rappresentanza del Comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale Generale di Brigata Vincenzo Molinese, dal Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, dalla Sindaca del Comune di Lucignano Roberta Casini, dal Soprintendente ABAP per le province di Siena, Grosseto e Arezzo Gabriele Nannetti e dalla Soprintendente dell’Opificio Emanuela Daffra. Ad essere rinvenute sono state – ha dichiarato il Comandante Mauti – quattro placche in rame dorato e argento smaltato, 16 ex voto in argento, un tempo collocati sulla base, una miniatura su pergamena e un cristallo di rocca molato”. “Il ritrovamento ha i caratteri dell’eccezionalità perché avvenuto ad oltre un secolo dal clamoroso furto dell’opera, avvenuto nel 1914. Come testimoniano immagini d’epoca, solo piccole porzioni dei rami e il pesante basamento furono all’epoca risparmiati, seppure depauperati degli elementi più preziosi”. “Tra il 1927 e il 1929 molti frammenti dell’Albero, fatto a pezzi dai ladri per facilitarne il trasporto, vennero ritrovati – a ricordalo è il Soprintendente Gabriele Nannetti – nelle campagne del comune di Sarteano, in provincia di Siena, dove erano stati nascosti dagli autori del furto. Non furono recuperati invece elementi di grande importanza come il crocifisso terminale, il pellicano, uno dei rami, quattro dei medaglioni circolari, cinque placche d’argento, almeno tre miniature e la parte superiore del nodo a tempietto. Andarono perduti anche quei pochi rametti di corallo che il reliquiario ancora presentava al momento del furto”. “Su incarico dell’allora Regia Soprintendenza di Firenze il restauro dell’opera fu affidato all’Opificio delle Pietre Dure – ricorda l’attuale Soprintendente dell’Opificio Emanuela Daffra – Si trattò di un intervento complesso e delicato, che vide la partecipazione di diverse figure professionali impegnate nella ricomposizione di oltre cento frammenti e nella reintegrazione di tutte le parti mancanti, crocifisso e pellicano compresi, mediante copie realizzate sulla base delle fotografie risalenti alla fine dell’Ottocento. Per ovviare alla perdita quasi totale dei coralli presso la ditta Ascione di Torre del Greco furono acquistate e messe in opera piccole branche, simili per colore ai frammenti dei rametti originali rinvenuti nei castoni. Per sostituire le miniature sottratte all’interno dei medaglioni circolari rimasti vuoti furono inseriti dischi di carta pecora dipinti per armonizzarsi con gli esemplari superstiti”. Dopo tre anni di intenso lavoro, il restauro fu concluso il 9 settembre 1933. Riprese così forma un manufatto orafo unico al mondo. Rappresenta il mistico Lignum Vitae, soggetto tipicamente francescano ispirato ad uno scritto di san Bonaventura, in dimensioni monumentali: misura 2 metri e 70 centimetri di altezza. Destinata alla chiesa di san Francesco a Lucignano l’opera venne iniziata nel 1350 e portata a termine nel 1471, grazie al generoso lascito di una Madonna Giacoma. Ignoto il maestro trecentesco che ideò e diede inizio all’opera, mentre è documentato che a completarla fu l’orafo senese Gabriello d’Antonio. Davanti ad esso, per antichissima tradizione, gli abitanti di Lucignano continuano a scambiarsi le promesse di matrimonio. Il rinvenimento attuale obbliga ad una revisione della ricomposizione realizzata negli anni Trenta e sarà occasione di un restauro complessivo. “Non è soltanto uno straordinario frutto dell’arte orafa italiana, l’Albero della vita di Lucignano è molto di più: è una di quelle opere la cui esistenza si intreccia in modo intimo e profondo con la vita e i sentimenti della comunità che la custodisce, contribuendo a definirne gli stessi tratti di identità. Anche per questo la Regione Toscana ha deciso di finanziare il lavoro di restauro di questo capolavoro, che, affidato all’Opificio delle Pietre Dure, autentica eccellenza toscana e nazionale, ne esalterà ancor più la preziosa unicità”. A sottolinearlo è Eugenio Giani, Presidente della Regione Toscana. “L’intervento, annuncia la Sindaca di Lucignano Roberta Casini, sarà integralmente finanziato dalla Regione Toscana”. Nell’annunciare il determinante appoggio regionale, la Sindaca ha anche auspicato che possano riemergere le parti ancora mancanti dell’Albero d’oro, ed “in particolare il Cristo che domina il reliquario”. Il Presidente della Giunta Regionale Eugenio Giani e la Soprintendente dell’Opificio Emanuela Daffra hanno brevemente descritto gli interventi che saranno condotti sul capolavoro affidato ai restauratori del Settore Oreficerie dell’Opificio, diretto da Riccardo Gennaioli. L’Albero attualmente composto da una sessantina di parti sarà smontato a lotti, per non privare del tutto il Museo di Lucignano di un’opera identitaria, ricollocando di volta in volta le parti restaurate così da garantire ai visitatori una visione almeno parziale dell’opera. L’intervento non sarà semplice, in primo luogo per la pluralità dei materiali costitutivi, metalli (rame dorato e argento), pergamene miniate, cristallo di rocca, corallo, smalti e legno, in secondo luogo perché presenta necessità, se non uniche, certo molto rare. “Il momento culminante del restauro sarà rappresentato – evidenzia Emanuela Daffra – dalla ricollocazione degli elementi recuperati. Lo studio della documentazione fotografica storica sarà di fondamentale aiuto nell’individuare l’originaria posizione di tali elementi. Ciò comporterà, chiaramente, la riformulazione del sistema di montaggio di alcune parti, la rimozione delle corrispondenti integrazioni eseguite dall’Opificio, una attenta verifica della statica e degli equilibri complessivi.” “Il restauro di un’opera eccezionale del nostro patrimonio culturale è, ancora una volta, affidato alla cura dell’Opificio delle pietre dure, istituto d’eccellenza del Ministero della cultura, afferente alla Direzione da me presieduta, nei settori della conservazione, del restauro e della ricerca. Mi auguro che si possano al più presto recuperare anche le parti non ancora rinvenute dell’Albero d’oro per restituire finalmente alla collettività quest’opera, unica nel suo genere, nella sua interezza”. A ribadirlo è il dottor Andrea Di Pasquale, Direttore generale Educazione, ricerca e istituti culturali del Ministero della Cultura. Tempi? “Quando si tratta di interventi tanto complessi indicare tempi di conclusione certi è poco attendibile. Sulla carta ipotizziamo che l’Albero possa tornare, in tutte le sue parti, a Lucignano alla fine della prossima primavera. Salvo sorprese. Con l’auspicio che, a lavori in corso, si possa rinvenire anche il Cristo mancante: questa sarebbe una sorpresa magnifica”
Guido Albucci