I comitati condannati a pagare le spese del doppio grado di giudizio, si chiude così una querelle durata 12 anni[14 Dicembre 2023]A una dozzina d’anni dal referendum sui servizi pubblici locali – e in particolare sul tema “acqua pubblica” –, il Consiglio di Stato ha posto fine a una lunga diatriba tra l’Autorità idrica toscana (Ait) e i comitati locali.
È stato infatti dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Comitato acqua pubblica di Arezzo, dall’associazione Acqua bene comune e dal Forum toscano dei movimenti per l’acqua, avanzato dagli stessi contro un decreto dell’Ait sulla determinazione degli importi da restituire agli utenti finali all’esito del referendum popolare svoltosi nel lontano giugno 2011, che ha portato all’abrogazione dell’art. 154 del Testo unico ambientale nella parte sulla “adeguata remunerazione del capitale investito”. Il decreto dell’Ait era stato impugnato dai comitati di fronte al Tar Toscana, che aveva già dichiarato inammissibile il ricorso in quanto “il decreto impugnato non assume un contenuto provvedimentale autonomo, ma costituisce un semplice adempimento istruttorio di un procedimento più complesso di competenza dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, che i ricorrenti non hanno comunque impugnato in via autonoma, preferendo limitarsi a chiederne la disapplicazione in via incidentale”.I comitati hanno dunque continuato l’azione legale presso il Consiglio di Stato, il quale adesso ha confermato la sentenza del Tar Toscana condannando i comitati alle spese del doppio grado di giudizio. Al di là degli aspetti legali della singola vicenda, sullo sfondo resta la necessità di definire un solido percorso di sviluppo sostenibile per il servizio idrico integrato, in quanto da lì passano servizi indispensabili alla cittadinanza quanto un’imprescindibile strumento di difesa contro l’avanzare della crisi climatica. Al proposito è utile ricordare che l’acqua in Italia è oggi, e da sempre, a tutti gli effetti un bene comune: a cambiare a seconda dei casi è la gestione dei servizi idrici (anche la proprietà della rete idrica italiana è interamente pubblica), che può essere in mano a società 100% pubbliche, miste o quotate. I referendum abrogativi del 2011 hanno tolto i vincoli che prima limitavano gli affidamenti “in house” da parte degli Enti locali, ma i dati mostrano che in un contesto nazionale dove comunque il 97% dei gestori del servizio idrico è a maggioranza pubblica, proprio nelle gestioni in economia la qualità del servizio – insieme alla tutela dell’acqua – crolla in media decisamente. Il Blue book aggiornato quest’anno dalla Fondazione Utilitatis – con la partnership di The European House-Ambrosetti e in collaborazione con Istat, Ispra, Cdp, Protezione civile e Autorità di bacino – documenta che gli investimenti realizzati in Italia nel settore idrico raggiungono in media i 56 euro annui per abitante, un dato che crolla però a 8€ procapite l’anno nelle gestioni “in economia”, ovvero dove gli enti locali come i Comuni si occupano direttamente del servizio idrico; in Toscana, invece, gli investimenti sul servizio idrico integrato arrivano a superare gli 80 euro procapite l’anno.