Ci vuole un’informazione responsabile e documentata sui cambiamenti climatici

Siamo sconcertati per l’episodio accaduto nella puntata di Cartabianca del 7 giugno 2022 (RAI3), dove un ricercatore dell’autorevolezza di Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, è stato costretto ad abbandonare la trasmissione di fronte al tentativo di far apparire la crisi climatica come un argomento opinabile su cui è giusto schierarsi politicamente e fare spettacolo dando spazio a posizioni disinformate e superficiali, quali quelle espresse dal giornalista Borgonovo, autodichiaratosi, peraltro, “non esperto”.

Siamo parte della comunità scientifica e condividiamo senza dubbi i messaggi accorati di istituzioni scientifiche come l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’organismo delle Nazioni Unite che ha il compito di redigere rapporti di valutazione sulle conoscenze scientifiche relative al cambiamento climatico, ai suoi impatti, ai rischi connessi e alle opzioni per la mitigazione e l’adattamento, revisionando e riassumendo il lavoro di decine di migliaia di studi scientifici. O come il Joint Research Centre della Commissione Europea, o il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, per affermare che la crisi climatica è un fenomeno inconfutabilmente in atto, con effetti devastanti già rilevati e documentati, come l’aumento della frequenza degli eventi estremi, degli incendi, delle inondazioni, della fusione dei ghiacciai, della siccità, delle carestie, delle malattie infettive e cronico-degenerative e della mortalità per molte cause.

Il quadro che emerge dai succitati documenti attesta come a nessun livello (locale, italiano, europeo, mondiale) le azioni e le politiche di intervento, mitigazione e adattamento risultino ad oggi minimamente sufficienti a fronteggiare la minaccia di un collasso sistemico globale,
in grado di coinvolgere gli equilibri ecosistemici a tutte le scale, aprendo così la porta a un crollo delle infrastrutture sociali, sanitarie ed economiche, con conseguente minaccia per l’esistenza stessa delle società.

Ricordiamo che i cambiamenti climatici hanno contribuito a ridurre del 20% le risorse idriche disponibili sul Pianeta negli ultimi 20 anni[1] e che l’attuale siccità ci mostra quanto questo processo sia in atto e capace di avere un impatto devastante sull’intera ecosfera e sulle nostre società.

Il mondo scientifico ha dimostrato che questa crisi è il risultato delle attività umane che hanno causato cambiamenti senza precedenti su beni e servizi primari prodotti dai sistemi ecologici e dai sistemi agricoli. Questi cambiamenti hanno distrutto la capacità della natura di regolare l’ambiente e garantire la stabilità del clima, e le culture e le società umane dovranno fare fronte a questa perdita. Secondo le stime attuali, oltre il 75% degli ecosistemi naturali è soggetto al degrado e alla perdita delle proprie funzioni, il che mina tutti gli sforzi per preservare il clima e minaccia il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità tra cui l’eradicazione della fame, delle malattie e della povertà.

Riteniamo molto pericoloso fare cattiva informazione su questo argomento, in quanto una banalizzazione del problema ed una falsa percezione dei rischi reali potrebbe portare il pubblico a pensare che sia possibile procrastinare ad libitum il momento dell’adozione di misure, individuali e collettive, necessarie per far fronte efficacemente alla crisi climatica.

È acclarato che l’esposizione al calore estremo aumenta il rischio di morte per malattie cardiovascolari, cerebrovascolari, respiratorie e tutte le cause. Il Lancet Countdown 2021 ha stimato nell’anno 2019 un record a livello globale di 345.000 decessi correlati al calore nelle persone over 65, l’80% in più rispetto alla media del periodo 2000-05.[2]

Ricordiamo che esistono soluzioni indicate da agenzie internazionali come l’Agenzia Internazionale per l’Energia o l’Agenzia Europea per l’Ambiente, che consentirebbero di ridurre da subito i consumi energetici e dunque le emissioni climalteranti e nocive per la salute. E’ delle soluzioni che dovrebbe occuparsi l’informazione, invece di sprecare prezioso tempo a mettere ancora in dubbio l’esistenza del riscaldamento globale e la sua origine antropica.

Il fatto che l’energia sia prodotta principalmente con combustibili fossili ha causato il cambiamento climatico e la continua richiesta di nuove fonti di energia è una delle cause dei conflitti. Il cambiamento climatico stesso può agire da catalizzatore e trasformare situazioni di crisi e tensione in guerre. Questo legame tra il cambiamento climatico e la guerra era già stato messo in chiara evidenza dal Comitato Nobel nel 2007, quando aveva assegnato a ‘Intergovernmental Panel on Climate Change’ (IPCC) e ad Al Gore il premio Nobel per la Pace.[3]

Ribadiamo la nostra contrarietà al carbone e al gas, in quanto il loro utilizzo è causa di emissioni che invece di mitigare aggravano il cambiamento climatico e provocano un inaccettabile carico di malattia e mortalità. Il mondo scientifico ritiene che il passaggio alle fonti rinnovabili sia fattibile da subito soprattutto se associato al risparmio di energia.

Ma ridurre le emissioni climalteranti non basta: richiamiamo l’appello[4] di altri scienziati per ribadire che è necessario riconoscere e sostenere il ruolo unico degli ecosistemi naturali nel preservare il clima e un ambiente vitale con adeguamenti della politica climatica internazionale e cambiamenti fondamentali nelle strategie di sviluppo nazionali. Occorre preservare la ricchezza di habitat naturali e di biodiversità come la massima priorità dell’umanità e fermare la loro ulteriore distruzione attraverso l’adozione di una moratoria globale su qualsiasi ulteriore sviluppo di territori ancora non toccati dalle attività umane, con meccanismi di sostegno internazionale, compresi i finanziamenti.

Ci appelliamo alla classe politica affinché non si renda responsabile di un disastro annunciato e del quale potrebbe essere chiamata a rispondere, e a tutti i giornalisti coscienziosi e i cittadini affinché si facciano parte di questo cambiamento.

Non ci sembra di aver visto sui media gli interventi (marzo e aprile 2022) del Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres alla conferenza stampa di presentazione del rapporto AR6 dell’IPCC, quindi ne proponiamo la lettura di alcuni estratti.

– Ho visto molti rapporti scientifici, ma niente di simile a questo. Il rapporto odierno dell’IPCC rappresenta l’accusa infamante del fallimento della gestione climatica.

–  E’ il catalogo delle vuote e vergognose promesse che ci stanno conducendo dritti dritti verso un mondo invivibile.
– La Scienza ci dice che il mondo deve tagliare le emissioni del 45% entro il 2030 e raggiungere lo zero netto di emissioni di gas serra per il 2050. Ma secondo gli impegni correnti, le emissioni globali cresceranno di quasi il 14% solo nel decennio corrente. Questo significa catastrofe.
– Non si può sbandierare di essere “green” mentre i propri piani e i propri progetti contravvengono all’obiettivo dello zero netto e ignorano completamente i tagli alle emissioni che devono essere fatti in questo decennio.
– L’impegno di Glasgow sui finanziamenti per l’adattamento non è sufficiente a far fronte alle sfide davanti a cui si trovano le nazioni sul fronte della crisi climatica.
– So che dappertutto la gente è preda dell’ansia e della rabbia. Lo sono anch’io. Ora è il momento di convertire la rabbia in azione. Ogni frazione di grado è importante. Ogni voce può fare la differenza, e ogni secondo conta.

*Gruppo interdisciplinare di esperti su Ambiente e Salute Minds for One-Health

Simona Agger (architetta, SIAIS e HCWH), Umberto Agrimi (medico veterinario Dir. Sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria ISS), Paolo Barberi (agronomo, docente di Agroecologia, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa), Dusca Bartoli (medica del lavoro), Ugo Bardi (docente, Università di Firenze), Giulio Betti (meteorologo, LAMMA-IBE/CNR), Annibale Biggeri (professore di Statistica medica Dip. di scienze cardio-toraco vascolari e sanità pubblica Università di Padova), Lucia Bisceglia  (epidemiologa AReSS Puglia, presidente Associazione Italiana Epidemiologia), Antonio Bonaldi (medico, past president Slow medicine), Claudio Caprara (medico di Sanità Pubblica, Bologna), Mario Carmelo Cirillo (ingegnere già ISPRA), Martina Consoloni (antropologa e dottoranda di ricerca all’Università di Bologna), Paolo Crosignani (medico, ISDE), Daniela D’alessandro (docente Università La Sapienza Roma), Elisabetta Dall’Ò (antropologa, Università degli Studi di Torino e Politecnico di Torino), Gianluigi De Gennaro (chimico, docente Università di Bari), Aldo Di Benedetto (medico, già Ministero Salute), Roberto Donovaro (docente Università Politecnica delle Marche), Rosella Ferraris (già docente economia aziendale  Università di Pisa),  Carlotta Fontana (professore Ordinario  di Tecnologia dell’Architettura Politecnico di Milano),  Francesco Forastiere (epidemiologo, CNR), Andrea Gardini (medico, Slow Medicine), Claudio Giannoti (medico chirurgo, ISDE), Francesco Giorgelli (biologo, Università di Pisa), Francesco Gonella (professore ordinario di Fisica Università Ca’ Foscari di Venezia, revisore esperto per l’IPCC), Michele Grandolfo (Epidemiologo, già dirigente di ricerca ISS), Paolo Lauriola (epidemiologo RIMSA), Miriam Levi (Medica Epidemiologa), Tommaso Luzzati (economista, docente Università di Pisa), Carmine Ciro Lombardi (chimico e tecnologo farmacologo, Tor vergata UNI Roma), Alberto Mantovani (tossicologo, già ISS), Maria Teresa Maurello (medica di Sanità Pubblica), Daniele Menniti (professore ordinario di Sistemi Elettrici per l’Energia Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Energetica e Gestionale Università della Calabria), Paola Michelozzi (epidemiologa, Dip. Epidemiologia SSR Lazio), Lucia Miligi (epidemiologa, ISPRO FI), Eduardo Missoni (Docente, saluteglobale.it), Carlo Modonesi (biologo, Comitato Scientifico ISDE), Luigi Montano (UroAndrologo ASL Salerno, Progetto EcoFoodFertility), Vitalia Murgia (medica, CESPER), Francesca Pacchierotti (biologa, già ENEA),  Lorenzo Pagliano (fisico, Professore associato Building Physics Politecnico di Milano), Maria Grazia Petronio (medica, docente incaricata di Organizzazione della prevenzione e della promozione della salute Università di  Pisa), Pietro Paris (ingegnere, già ISPRA, membro del Risk Assessment Committee per l’Agenzia Europea per le sostanze chimiche), Daniela Pedrini (ingegnera, IFHE President, S.I.A.I.S. President), Antonio Pileggi (avvocato, prof. ordinario Facoltà di Economia, Università Tor Vergata Roma), Paolo Pileri (Ordinario di pianificazione territoriale ambientale Politecnico di Milano), Paolo Rognini (Professore incaricato Ambiente e Comportamento Umano, Corso di Laurea Magistrale in Scienze Ambientali, Università di Pisa), Francesco Romizi (giornalista), Roberto Romizi (medico, ISDE), Tiziana Sanpietro (medico, già CNR Pisa), Alfonso Senatore (prof. associato, Dipartimento di Ingegneria Ambientale Università della Calabria),  Laura Senatori (già ARPAT),  Marco Talluri (giornalista, già ARPAT), Filippo Taglieri (Re-Common), Gianni Tamino (biologo, già UNI PD), Antonio Tricarico (Re-Common), Mauro Valiani (medico del lavoro), Sandra Vernero (medico, Presidente Slow Medicine), Maria Angela Vigotti (epidemiologa, già Università di Pisa), Paolo Vineis (epidemiologo, Imperial College London) Federico Zanfi (prof. associato in urbanistica Dip. di Architettura e Studi Urbani Politecnico di Milano), Giorgia Zanutto (medica, Gruppo di Lavoro “Ambiente, Clima e Salute” della Consulta degli Specializzandi SItI), Giorgia Zanutto (medica, Gruppo di Lavoro “Ambiente, Clima e Salute” della Consulta degli Specializzandi SItI).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.