Mantenimento figli maggiorenni: Diritti e false credenze

In caso di separazione e divorzio i figli minorenni hanno sempre il diritto ad essere mantenuti. A distanza di molti anni dalla sentenza di separazione e/o divorzio, il genitore tenuto al mantenimento comincia a chiedersi se è tenuto al mantenimento del figlio ormai divenuto maggiorenne o se tale obbligo avrà mai fine.


La risposta a queste domande si divide tra miti e leggende, ma di fatto ben pochi conoscono i diritti del figlio maggiorenne ed ancora meno i diritti del genitore tenuto al versamento del mantenimento. Cominciamo con il distruggere falsi miti e credenze Non è vero che raggiunta la maggiore età si può smettere di mantenere il figlio. Non è vero che raggiunto il 26 compleanno, chissà poi perché proprio 26 e non 30, il figlio maggiorenne perde il diritto al mantenimento. Non corrisponde al vero nemmeno che la perdita del lavoro determina l’obbligo per il genitore di mantenere il figlio.

Quali sono, quindi, i reciproci diritti e doveri?
La risposta è molto più semplice di quanto si pensi soprattutto perché ormai da anni la Corte di Cassazione ha raggiunto un consolidato orientamento. Il figlio, sebbene maggiorenne, ha diritto ad essere mantenuto sino al raggiungimento della propria indipendenza economica. Tuttavia per mantenere il predetto diritto occorre che il figlio sia diligente.

Cosa si intende per diligenza?
Il figlio maggiorenne mantiene il proprio diritto al mantenimento solo se cerca attivamente un’occupazione o se in termini prosegue con profitto gli studi per disporre di un titolo o un’abilitazione che gli possa consentire di arrivare alla professione ambita.
In altri termini se il figlio non ha alcuna intenzione di proseguire con gli studi non può pretendere di essere mantenuto. Se non cerca attivamente un lavoro non può attribuire la colpa della disoccupazione alle condizioni di mercato. Esiste una soglia d’età oltre la quale il diritto al mantenimento può essere negato al figlio ormai maggiorenne?
No, non esiste una soglia d’età, ma la Corte di Cassazione ha, in diverse sentenze, stimato un’età anagrafica da cui far decorrere la perdita del diritto al mantenimento.
Tale fascia d’età è quella dei 30/35 anni e ciò perché, secondo le valutazione della Corte di Cassazione, pur tenendo conto dei diversi percorsi di studio intrapresi dai figli, dopo tale soglia si presume che la disoccupazione dipenda da inerzia colposa.

Cosa allora può far perdere il diritto al mantenimento? L’aver raggiunto, anche solo per un breve periodo, l’indipendenza economica. In altri termini il fatto che il figlio sia riuscito a reperire un’attività lavorativa. Non è necessario che l’attività lavorativa sia a tempo indeterminato o che il figlio percepisca uno stipendio importante. Ciò che rileva è che il figlio, ormai maggiorenne, abbia la capacità e la possibilità, di trovare un lavoro. Che accade se il figlio maggiorenne perde il lavoro? Ha diritto ad ottenere nuovamente il mantenimento.
La risposta è no.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti, la perdita del lavoro rientra tra le possibilità.
Quindi ciò che rileva per escludere il figlio dal contributo mensile è sufficiente che, in passato, abbia espletato un’attività lavorativa, anche per poco tempo. Si può, in presenza di un’attività lavorativa del figlio maggiorenne, sospendere il mantenimento? Assolutamente no!
Anzi un tale comportamento può esporre a conseguenze legali. Prima di sospendere il pagamento, occorre essere autorizzati dal Tribunale a cui, peraltro, si può chiedere la restituzione delle somme versate.

Sara Astorino, legale, consulente Aduc

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