Droga, dipendente statale assolto dopo vent’anni. La beffa è servita

“Il fatto non sussiste”, Con questa sentenza pronunciata dopo venti anni da quando è cominicta questa storia di un – oggi – sessantenne di La Spezia… non è un film di una serie in streaming. No. E’ una vicenda accaduta che marca ancora una volta – non ne avevamo proprio bisogno – come funziona la giustizia. La schifezza in oggetto è un mix di errori giudiziari, incapacità ed errori della giustizia dove è mancata la valutazione primaria: si aveva a che fare con un essere umano che, quand’anche fosse stato giudicato colpevole, non aveva diritto ad attendere venti anni. Ora, col giudizio di assoluzione, la beffa è servita. Auspichiamo che la vittima porti in giudizio la giustizia (sempre con la “g” minuscola).

A seguire i fatti così come descritti in articolo di Gian Paolo Battini su Il Secoo XIX del 27/04/2024.

È finito con l’assoluzione un calvario durato vent’anni per un sessantenne originario di La Spezia, dipendente statale, accusato di gravi reati in materia di stupefacenti.
Il gup del tribunale di Busto Arsizio ha infatti prosciolto l’uomo perché «il fatto non sussiste».
La brutta storia inizia nel lontano 2004 quando l’imputato viene accusato di importazione illecita di sostanze stupefacenti. A suo dire, lui era del tutto ignaro che un pacco fosse stato spedito a suo nome e infatti questo era stato recapitato ad altro indirizzo ma non ci fu nulla da fare per la difesa di allora che decise nel 2005 per un patteggiamento cosiddetto «allargato» davanti al tribunale dove risiedeva il dipendente statale.
Nel 2011 il sessantenne ripiomba nell’incubo, tanto che gli piovono nuove accuse della stessa grave natura per fatti commessi in Lombardia sempre nel 2004. A nulla servì proclamarsi innocente davanti ai giudici e l’avvocato difensore di allora ritenne opportuno patteggiare una pena molto bassa in continuazione con la precedente davanti al gip del tribunale di Milano.
Molti anni dopo, nell’estate 2023, si è materializzato per la terza volta l’incubo per l’uomo con un nuovo processo, le solite accuse, ancora per fatti che si sarebbero consumati vent’anni prima. Il fatto contestato, anche se meno grave, è il solito del processo di Milano ma procura e gup portano avanti il procedimento dal 2005.
Da notare che l’udienza preliminare è stata rinviata più volte per la irreperibilità dell’imputato che invece, secondo la difesa, era più che reperibile e senza che fosse stato richiesto un casellario aggiornato. Il dipendente statale spezzino lavorava, possedeva un cellulare, un’auto e addirittura era diventato uno stimato dipendente della pubblica amministrazione. Alla fine il sessantenne è stato rintracciato la scorsa estate e lui si è affidato all’avvocato Chiara Floris del foro della Spezia, che ha iniziato gli accertamenti sul procedimento milanese, con ricerche negli archivi e l’esame del fascicolo del nuovo processo.
Per il legale una mera duplicazione di un procedimento già definito. L’avvocato Floris ha fatto emergere in aula come l’imputato non sia stato rintracciato prima e poi dichiarato irreperibile con conseguente nullità di tutti gli atti dell’avviso di garanzia in poi. Nei giorni scorsi è finito l’incubo per il sessantenne, travolto dal sistema giudiziario per vent’anni.
Il giudice dell’udienza preliminare presso il tribunale di Busto Arsizio, accogliendo in pieno la linea difensiva dell’avvocato Floris, ha pronunciato, con l’adesione del pubblico ministero, sentenza di proscioglimento.

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