PIEVE SANTO STEFANO – AREZZO – La vincitrice del Premio Pieve Saverio Tutino 2024 è Albertina Castellazzi, con il testo Fendevo l’aria, memoria 1937-1972. Nel corso della manifestazione conclusiva del Premio è stato inoltre consegnato il Premio Città del diario al regista Giorgio Diritti. memoria 1937-1972. Nel corso della manifestazione conclusiva del Premio è stato inoltre consegnato il Premio Città del diario al regista Giorgio Diritti.
Nata a Milano nel 1937, la vita di Albertina Castellazzi inizia in salita. Nel 1941, quando ha solo quattro anni, muore la madre e Albertina resta con il padre e tre sorelle a far fronte al difficile periodo della Seconda guerra mondiale. Il padre è un sottufficiale e non può occuparsi da solo delle figlie, che vengono così mandate in collegio, dalle Orsoline a Modena e poi a Ligorzano, in uno stabile che dovranno condividere con gli occupanti tedeschi. Albertina racconta le pieghe della guerra civile con uno stile assolutamente personale, di una precisione chirurgica, fatto di flash fulminei e dettagli ad alta definizione. Memorabile la pagina che senza eufemismi l’uccisione degli zii dopo l’armistizio perché ritenuti collaboratori dei nazisti. La fine della guerra vede il ritorno delle figlie in una Milano dove mancava la luce, il cibo, la stoffa per vestiti, ma è anche una città alle soglie di una grandissima trasformazione. In questa straordinaria memoria, che ha lo stesso passo di un romanzo di formazione, lo sguardo di Albertina sul padre è di particolare interesse. Lui è volitivo, perentorio, un uomo forte che impone regole ferree ma non riesce a tenere unita la famiglia, che piano piano si sgretola. La sorella maggiore, Elisabetta, scappa, mentre Piera, malata di depressione, si suicida nel 1956. Albertina, che soffre di episodi di epilessia, stenta negli studi e sembra destinata a un ruolo marginale, a lasciare la scuola per custodire la casa. Ma a quella gabbia si ribella: ama leggere e scrivere, e anche grazie alla forza che trae dall’amore per i libri, lotta per ottenere un diploma magistrale per insegnare alla materna. Questo impiego sarà il primo passo di un’emancipazione che passa anche per la morte del padre, nel 1958, e che tesse un legame strettissimo con la sorella che le rimane accanto. “Cominciammo così la nostra vita di donne libere, io avevo 21 anni, Anna 24.”
La giuria ha deciso di assegnare una menzione speciale a un’altra autobiografia, Ricordi di un
nomade, di Giovanni Stefanolo (San Marzano Oliveto, Asti, 1880-1940), il racconto picaresco di una vita sempre in movimento. Primogenito di quattro figli, sembra portato allo studio e il padre decide di mandarlo in collegio ad Asti. Ma Giovanni è un personaggio a metà tra Pinocchio e Giamburrasca e naturalmente non riesce a stare alle regole di disciplina del collegio. Dalla prima fuga, inizia un movimento continuo tra luoghi e lavori che lo porterà a fare il calzolaio, il pasticcere, il muratore, il cameriere, il contabile, l’ufficiale dell’esercito, l’imprenditore. Da Asti si sposta a Nizza, poi in Argentina e in Brasile, in un vortice di tentativi, spesso fallimentari, di trovare un impiego soddisfacente e redditizio. Intanto si sposa, ha due figli, risponde alla chiamata della Patria quando scoppia la Prima guerra mondiale. Ma riesce a tornare anche dalle trincee per ricominciare quella “vita battagliata” che
racconta con tanta vivezza.
La cerimonia di premiazione, condotta da Guido Barbieri, si è svolta oggi, domenica 15 settembre e sarà trasmessa in differita lunedì 16 settembre alle 20:30 da Rai Radio3.