La prima causa dei tumori è un ambiente inquinato e non il DNA impazzito

Come sappiamo – a costo di essere ridondanti – intorno a San Zeno (Arezzo) ed in un’area nel raggio di circa 5 km quadrati insistono oltre 10 industrie insalubri di 1^ e 2^ classe che utilizzano la combustione ad altissime temperature come modalità operativa: si tratta quindi di una zona che ha evidenziato in modo inequivocabile una situazione sanitaria ed ambientale pessima.

A tal proposito, giova sempre ricordare che dallo Studio di coorte residenziale nell’area di San Zeno (quindi naturalmente comprendente anche la zona “d’influenza” CHIMET a Badia al Pino) conclusivo del Life plus HIA21, emerse che “Per gli eventi avversi della riproduzione si evidenziano eccessi per le nascite pretermine e per i nati piccoli per età gestazionale”. Ecco, proprio questo mi è venuto in mente nel rileggere un intervento di pochi anni fa del Dr. Ernesto Burgio, Medico Pediatra specializzatosi in Epigenetica e già membro dell’European Cancer and Environment Research Institute (ECERI), Istituto di ricerca scientifica indipendente: l’inquinamento ambientale, in base all’epigenetica, si trasmette attraverso la placenta ed il cordone ombelicale, modificando non il DNA del feto, ma il modo stesso nel quale il DNA lavora, apportando infezioni croniche e compromettendo gravemente lo stato di salute del nascituro. Ecco perché la medicina del futuro dovrà tener presente che anche piccolissime quantità di inquinanti, come il particolato ultafine, i metalli pesanti, gli interferenti endocrini danneggiano la salute nostra e delle future generazioni: l’emissione di queste sostanze dovrebbe essere evitata al massimo, in particolare per quanto riguarda il proliferare di impianti a combustione ad altissime temperature, i quali emettono particolato talmente fine da non poter essere intercettato nemmeno dai filtri di ultima generazione… Dice il Dr. Burgio: “…Gli studi di epigenetica ci stanno dicendo che ciò che arriva al feto attraverso la madre, induce una “programmazione” che influenzerà i primi anni di vita e quelli successivi. I metalli pesanti stanno disturbando la programmazione epigenetica del bambino. E da questa condizione scaturiscono le malattie dell’infanzia che oggi sono sotto i nostri occhi, e che alcuni decenni fa erano assenti. Un bambino su seicento sviluppa una forma di cancro, e si tratta di tumori diversi da quelli degli adulti. Crescono i disturbi nel neurosviluppo, l’obesità, le leucemie e il diabete di tipo II…Gli studi di epigenetica, diventati sempre più numerosi dal 1997 a oggi, ci mostrano come nella prima fase della vita tanti agenti “epigenotossici” possano creare una situazione di instabilità genomica, sia a livello dei singoli tessuti che a livello sistemico. Un’instabilità progressiva può indurre delle modifiche genetiche, e quindi il tumore. In tutto questo, l’ambiente ha un ruolo fondamentale…”. Così conclude Burgio: “Purtroppo non se ne parla abbastanza…Come prevenzione possiamo fare molto per favorire una presa di coscienza e cambiare il tipo di esposizione “materno –fetale” e la qualità della vita nei primi mille giorni del bimbo. Ci sarebbero dei grandi giovamenti. Teniamo conto che non c’è cambiamento del nostro fenotipo, ne fisiologico che patologico, che non sia indotto dall’ambiente”. Alla luce di quanto sopra, a dir poco inquietante, continuo a sperare che chi “di dovere” concentri di più – rispetto ad oggi – la propria attività di ispezione e controllo avendo come punto imprescindibile di riferimento sia il principio di precauzione che la prevenzione primaria vera…

Fausto Tenti, Costituente comunista, Sez. prov. Arezzo.

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