Una delle questioni che vengono sottoposte ad Aduc con una certa frequenza, è quella sui ritardi (o gli inadempimenti) degli intermediari nel trasferire i titoli da un deposito che il cliente/consumatore ha in essere presso una banca e che intende chiudere, ad un altro aperto allo scopo presso una diversa banca.
Il problema non sta nella estinzione del deposito inteso come rapporto giuridico in sé, ma nel “liberare” il dossier di quanto in esso depositato vendendo o trasferendo i titoli.
Per quanto riguarda il trasferimento non esiste una specifica e dettagliata disciplina simile a quella prevista per il trasferimento da banca a banca dei conti correnti o, per meglio dire, dei servizi di pagamento connessi a conti di pagamento.
Per il dossier titoli vi è un unico riferimento normativo costituito dall’Art. 2 del D.L. 24 gennaio 2015, n. 3 (conv. con L. 24 marzo 2015, n. 33) dal titolo “Norme sul trasferimento dei servizi di pagamento connessi al rapporto di conto di pagamento”, che, nel testo attuale, (a seguito del d.lgs. 15 marzo 2017, n. 37), al comma 15 recita:
“”15. Il trasferimento, su richiesta del consumatore, di strumenti finanziari da un conto di deposito titoli ad un altro, con o senza la chiusura del conto di deposito titoli di origine, e’ effettuato senza oneri e spese per il consumatore. Il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite la Consob e la Banca d’Italia, adotta disposizioni di attuazione del presente comma e, in deroga a quanto stabilito nel periodo precedente, può stabilire che, per il trasferimento dei titoli depositati presso un depositario centrale estero o non assoggettati al regime di dematerializzazione, al consumatore possano essere addebitate le spese sostenute in diretta conseguenza del necessario intervento di un soggetto terzo””.
Questa norma, a quanto ci risulta, non ha mai avuto attuazione per cui l’unico risultato utile (tutt’altro che trascurabile) che è stata capace di generare, è la previsione di gratuità del trasferimento.
La ragione di questa “incompiuta” può essere individuata nel fatto che, rispetto alla ipotesi, interamente disciplinata, del trasferimento dei servizi connessi al conto corrente (c.d. portabilità), la situazione che si determina in caso di trasferimento del dossier titoli è molto più complessa.
Ne consegue che – come affermano ripetute decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario (fra gli altri Coll. Palermo 7578/2020) – a questa fattispecie non si applicano le regole e, in particolare, i tempi previsti dal TUB, agli artt. 126 quinquiesdecies e segg., per il trasferimento dei servizi di pagamento connessi a conti di pagamento (“”dodici giorni lavorativi dalla ricezione da parte del prestatore di servizi di pagamento ricevente dell’autorizzazione del consumatore completa di tutte le informazioni necessarie””: così il comma 3 dell’articolo citato).
Per quanto, in particolare, riguarda i tempi di esecuzione, ne risulta difficoltosa la definizione, atteso che l’attività necessaria per attuare lo spostamento degli strumenti finanziari postula sovente, oltre all’intervento di entrambi i depositari, anche quello di terze parti necessariamente coinvolte. Anche nel caso in cui esista una previsione contrattuale dei tempi occorrenti per l’adempimento, la banca declina la propria responsabilità in relazione ad una serie di impedimenti di vario tipo che non dipendono dalla propria volontà né da quella dell’altra banca coinvolta.
Tale previsione contrattuale sussiste (o dovrebbe sussistere) nel caso in cui il cliente richieda il c.d. Trasferimento Standardizzato degli Strumenti Finanziari (TDT) che le banche dovrebbero mettere a disposizione e che è da ritenere senz’altro preferibile rispetto all’invio di comunicazioni ordinarie (o anche raccomandate). Ultima considerazione riguarda il fatto che, in caso di ritardo/inadempimento nella effettuazione del trasferimento del dossier, diversamente da quanto previsto per il trasferimento dei servizi di pagamento connessi al conto di pagamento, non è riconosciuta alcuna penale; l’unica tutela del cliente è data dal risarcimento del danno la cui esistenza, come affermano tutte le pertinenti decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario, deve essere dimostrata da parte del consumatore. Se tale dimostrazione non c’è, il danno non viene riconosciuto, neppure in via equitativa.
Libero Giulietti, legale, consulente Aduc