Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio (sabato, 6 giugno 1981

Nel 1981 vengono commessi due duplici omicidi. Il primo, nella notte tra il 6 e il 7 giugno 1981 nei pressi di Mosciano di Scandicci. Le vittime sono Giovanni Foggi, 30 anni, di Pontassieve, dipendente dell’ Enel e la sua ragazza, Carmela De Nuccio, pellettiera di 21 anni, originaria di Nardò in provincia di Lecce ma residente a Scandicci

.I due si conoscevano da pochi mesi ma avevano già programmato di sposarsi. La sera del delitto, un sabato, cenano a casa dei genitori di Carmela, poi, verso le 22:00, escono per una passeggiata e si appartano con l’auto, una Fiat Ritmo color rame, in una stradina sterrata sulle colline di Roveta, non lontano dalla discoteca Anastasia, e in una zona frequentata abitualmente da coppiette e guardoni.

Giovanni viene raggiunto da tre colpi di pistola esplosi attraverso il finestrino anteriore sinistro, mentre altri cinque proiettili colpiscono Carmela.[40] In fase di sopralluogo verranno però rinvenuti solo cinque bossoli su otto,[41] un particolare, quello dei bossoli mancanti, che si ripresenterà ancora nel 1983, nel 1984, e che già si era verificato nel 1968 e nel 1974. La ragazza viene tirata fuori dalla macchina e trascinata in fondo al terrapieno rialzato su cui corre la stradina, dove le verranno recisi i jeans e, per mezzo di tre precisi fendenti, le verrà asportato interamente il pube. I corpi dei due giovani saranno rinvenuti il mattino dopo. L’uomo è ancora a bordo dell’auto, come nel delitto del 1974. Anche in questa occasione le armi usate sono la Beretta calibro 22 e un coltello. Anche in questo caso si verifica l’accanimento sui cadaveri, soprattutto su quello della donna. Altre analogie con il delitto precedente sono la borsetta della ragazza rovistata e il contenuto gettato a terra senza che però questa volta risulti mancare nulla. Per il delitto viene inizialmente sospettato l’ex fidanzato della De Nuccio, che in passato aveva avuto screzi con lei, ma il giovane risultò avere un alibi.[42]

Vincenzo Spalletti, trentenne, sposato e padre di tre figli, era, ai tempi, un autista di autoambulanze presso la Misericordia di Montelupo Fiorentino, conosciuto in famiglia e presso la Taverna del Diavolo, un ristorante della zona, per essere anche un guardone. Il fenomeno del voyeurismo era peraltro in quei tempi marcatamente diffuso nella provincia fiorentina.[29] La domenica mattina seguente al duplice delitto, rientrato all’alba dopo aver trascorso la serata fuori con un amico guardone, racconterà alla moglie e ad alcuni avventori di un bar da lui frequentato, di aver visto “due morti ammazzati”; racconterà inoltre particolari inerenti al delitto (in particolare la mutilazione inflitta alla ragazza), che però non erano ancora stati divulgati dagli organi di stampa e dai mass media. In seguito alle indagini alcune persone testimoniarono di aver visto la sua auto nei pressi del luogo del delitto nella notte del 6 giugno. Spalletti viene quindi arrestato; durante l’interrogatorio afferma di aver letto la notizia sui giornali, cosa impossibile in quanto i giornali che riportavano il fatto non erano stati pubblicati prima di lunedì e, inoltre, mente sull’orario di rientro a casa per la notte del delitto. Viene quindi accusato di falsa testimonianza e incarcerato, ma col sospetto che l’assassino possa essere proprio lui. Mentre Spalletti si trovava in carcere sua moglie e suo fratello ricevettero diverse telefonate anonime, in cui veniva loro assicurato che il loro congiunto sarebbe stato presto scagionato,[29] cosa che in effetti accadrà nell’ottobre dello stesso anno a seguito di un nuovo duplice delitto che scagionerà completamente Spalletti.[43][44]

Un conoscente dello Spalletti, anch’egli noto come guardone, sentito dagli inquirenti, asserì di essere stato fermato nei boschi, all’incirca all’epoca del delitto, da un tizio con una divisa che non aveva saputo identificare. L’uomo in divisa gli avrebbe rivolto velate minacce, rimbrottandolo aspramente e mostrandogli – a suo dire – una pistola.[29]

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