Mostro di Firenze, Stefano Baldi e Susanna Cambi 

– Quaranta due anni. Tanti ne sono passati da quel 22 ottobre del 1981. La Cambi viene raggiunta e uccisa da cinque colpi, mentre il ragazzo viene colpito quattro volte. Le cartucce provengono dalla stessa arma usata nei precedenti delitti e verranno reperiti solo 7 dei 9 bossoli sparati. . Era il giovedì di una settimana accorciata da uno sciopero generale all’indomani.

 Susanna Cambi, 24 anni, fiorentina, dipendente di una delle tv private che spuntavano all’epoca, e il fidanzato Stefano Baldi, 26, pratese, dopo aver cenato assieme, imboccarono, come facevano all’epoca tanti ragazzi, i sentieri sterrati delle Bartoline, a Calenzano. Non ne uscirono più: il mostro di Firenze li sorprese tra tenerezze e sogni. E non ebbe pietà. A quaranta due anni di distanza, non c’è giustizia per Stefano e Susanna.

Sono le 22.30 di giovedì 22 ottobre quando Susanna Cambi, dopo aver cenato a casa di Stefano Baldi, decide, insieme al fidanzato, di uscire di casa per recarsi in un cinema di Firenze. Il giorno successivo non sarebbe stato, come negli altri casi, un giorno festivo, ma era stato proclamato uno sciopero generale che rendeva quel venerdì una giornata comunque “di festa”. Era invece, come in tutti gli altri casi, una notte in cui la luna all’ultimo quarto, illuminava debolmente la campagna. Susanna aveva 21 anni e lavorava presso un’emittente televisiva locale mentre Stefano di 26 anni era impiegato in un lanificio di Vaiano. Saranno i familiari del Baldi a sporgere denuncia di scomparsa al commissariato di Prato la mattina successiva intorno alle 10, quando né di Stefano né di Susanna si hanno più notizie dalla sera precedente. Le ricerche si interrompono intorno alle 11, quando un pensionato si presenta ai carabinieri di Prato. E’ sotto choc e racconta di aver visto i corpi privi di vita di due ragazzi in località Travalle precisamente in quel campo che viene chiamato Bartoline, sulla Via dei Prati. La scena che si presenta ai carabinieri una volta raggiunto il luogo è la seguente: un’auto, una golf nera, è ferma nel mezzo della carreggiata di uno stradello senza sfondo a poche decine di metri dalla strada asfaltata. Perché il delitto di Calenzano (come quello di quattro mesi prima a Mosciano, e quello del 1974 di Sagginale) resta senza colpevoli, ancora oggi. Perché le sentenze hanno escluso che qui abbiano operato i compagni di merende, Pietro Pacciani, Mario Vanni e Giancarlo Lotti. Ma il sangue delle giovani vittime delle Bartoline ha un sapore diverso, forse ancora più amaro rispetto a quello degli altri morti. Intorno alla Golf del Baldi, un’impronta di uno strano anfibio getta ombre sinistre su chi possa esserci stato, a pesticciare in quel campo. Quella notte, poi, venne incrociata un’automobile sportiva, che scappava a tutta velocità proveniendo proprio dai campi dove i corpi straziati erano ancora caldi. I due fidanzati rimasero colpiti dall’uomo alla guida, e fornirono una descrizione da cui è stato tratto l’ormai celebre identikit: da quarant’anni, la faccia del mostro.

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