Sta lentamente tornando alla cosiddetta normalità la situazione in Ecuador, dove nei giorni scorsi, dopo l’evasione di due boss del narcotraffico si è temuto per una sorta di colpo di Stato da parte di una ventina di bande di altrettanti narcotrafficanti che il capo dello Stato ha denominato come terroriste (1). L’Ecuador è diventato di recente, da Paese di transito di droghe da Colombia e Perù verso i fiorenti mercati Usa ed europei, anche attore in prima persona del narcotraffico, e la conseguenza è stata la proliferazione della malavita organizzata.
Il presidente Daniel Noboa, eletto di recente, è sostenitore di un totale proibizionismo in materia di droghe: uno dei suoi primi provvedimenti è stato di abrogare la tabella (2) che consentiva l’uso personale di droghe illegali (il “micro traffico fa diventare dipendenti i bambini”), ed ha intensificato la risposta e reazione carceraria e di solo ordine pubblico nei confronti delle bande di narcos, a differenza della vicina Colombia dove sta prendendo piede un approccio legalizzatorio, a partire da marijuana e cocaina (3). L’Ecuador non è il primo Paese in zona con questi problemi: Messico, Colombia, Perù, Bolivia, Paraguay, Brasile… insomma quasi tutti in America latina, chi più e chi meno, ma mai avevamo assistito ad una sollevazione come nei giorni scorsi, a partire dall’occupazione di un emittente tv, che ha fatto temere il colpo di Stato.
Ora sembra che torni la normalità… dove “normalità” significa che i narco continueranno ad esserci, verranno ufficialmente combattuti ma continueranno con la corruzione ad infilarsi nelle istituzioni, controllando buona parte di un’economia che dà tanto lavoro ai tantissimi che non sanno cosa sia un lavoro legale. E anche se forse non ci saranno situazioni come quella dei giorni scorsi, l’equilibrio tra legalità e illegalità continuerà a pendere sempre verso quest’ultima, socialmente, economicamente e civicamente. Fino ai prossimi episodi cruenti, più o meno, che metteranno in evidenza il continuo fallimento di questo modo di lottare contro le droghe illegali e la malavita che le gestiscono. Anche per chi ha pregiudizi ideologici che lo portano a dover necessariamente fare una guerra alla droga (“war on drugs”) per la salvezza dell’umanità e un mondo senza droghe, si pone una domanda: fino a quando e dove?
Domanda valida, con le dovute differenze, anche per Paesi del Nord America, dell’Europa, dell’Australia e del resto del mondo, dove tutte le malavite organizzate (in Italia primeggia la ‘ndrangheta, con ruolo di leader a livello mondiale) collaborano con gli ecuadoregni. In Italia, per esempio, è difficile che i narcos occupino uno studio televisivo o che assaltino Palazzo Chigi, ma – tutti lo sanno – c’è una vasta economia legale che vive grazie ai proventi del narcotraffico. I nostri governanti – di ieri e di oggi – dicono di impegnarsi contro le droghe perseguendo – quelli di oggi – chi si fa canne e acidi durante un rave party. Siamo sicuri di essere indenni da situazioni modello Ecuador? Dove, rispetto ai “barbudos panzoni e col mitra in mano” del paese sudamericano, ci sono persone ben vestite e curate con uno smartphone al posto del mitra, e, al pari dei barbudos, fiorenti conti in banche italiane, svizzere e isole del Mediterraneo e del Pacifico.
Come li combattiamo questi signori? Continuando a sequestrare alcune partite di droga, mentre dieci altrettante partite entrano sui nostri territori, e mettendo in galera chi si autocoltiva la marijuana per uso personale o la compra da un qualche immigrato disperato che taglia/allunga le sue merci con veleni per un proprio maggiore guadagno? Per cambiare l’Ecuador di ieri, oggi e domani, e l’Italia di ieri, oggi e domani, e l’Europa di ieri oggi e domani, etc.. c’è solo un metodo, che oggi è perseguito da Canada, Uruguay, alcuni Stati Usa, Lussemburgo, Malta, a breve la Germania… ma che se continuano ad essere così pochi è come se non ci fossero: la legalizzazione, a partire dalla cannabis. Un passaggio miracoloso? Certamente no, ma l’inizio dello smantellamento delle reti internazionali tipo Ecuador/’ndrangheta italiana, levandogli la gestione delle merci per cui esistono e proliferano
Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc
Per chi volesse approfondire la situazione in Ecuador, coi risvolti sugli immigrati in Italia, consigliamo questo articolo: https://www.huffingtonpost.it/blog/2024/01/11/news/la_violenza_in_ecuador_potrebbe_raggiungerci_presto-14794641/