Uno dei problemi per il passaggio della cannabis ricreativa da illegale e depenalizzata, com’è oggi, a legalizzata e regolamentata, è la disponibilità al confronto tra chi deve poi decidere. Problema perché la parte avversa alla modifica non proibizionista della legislazione, quasi sempre non si esprime in base a scienza medica e scienza politica, ma a slogan, sentito dire, stigmatizzazione storica, dogmi più o meno ideologici.
Fino a difesa degli interessi di chi trae giovamento economico e culturale dal mantenimento dell’assetto attuale… consapevole o meno di fare il gioco della piccola e grande malavita che gestisce i traffici nazionali ed internazionali, poco importa. Le esperienze in corso in altri Paesi, dove la legalizzazione è realtà da tempo, sono in genere poco considerate e, sostanzialmente, ignorate come se non ci riguardasse: alcuni Stati Usa e Canada i più importanti, emulati in Ue da Lussemburgo e Malta, ancora non a regime. Il voto di venerdì 23 febbraio al Bundestag (Camera bassa) tedesco (1) che ha legalizzato la pianta e la quasi scontata approvazione a fine marzo da parte del Bundesrat (Camera alta), forse può cambiare, già da ora, le forme e i contenuti di questo confronto nel nostro Paese e non solo (si pensi alla Francia, che è messa peggio dell’Italia, non esistendo neanche la depenalizzazione). Il motivo è semplice: la Germania viene generalmente considerata il motore principale dell’Unione europea, e quanto avviene oltrAlpe è ampiamente considerato dai nostri politici. Certo, un po’ meno dai politici che oggi governano l’Italia che, spesso, giocano a far finta – con nazionalismo e sovranismo – di essere più moderni e futuribili della Germania (sulla cannabis, poi, figurati), ma come è successo per l’europeismo (pur nella forma federale che non federalista), per l’Ucraina, Israele e l’atlantismo, non ci sarebbe da meravigliarsi che corrano dietro al vento che sembra loro più favorevole pur di mantenere il potere. Nel fronte governativo ci sono delle vere e proprie perle di ottusità in materia… si pensi a Maurizio Gasparri e Matteo Salvini, ma c’è da aspettarsi di tutto, soprattutto da parte del ministro dei Trasporti che dice un giorno una cosa e il giorno dopo il contrario.
La cosa importante sarà l’impegno dei legalizzatori non a singhiozzo, che oggi stanno anche raccogliendo le firme per un progetto di legge d’iniziativa popolare in merito (2) dopo che – clamorosamente un paio di anni fa – la proposta di referendum corredata di un milione di firme è stata respinta dalla Corte Costituzionale. Impegno che si deve concentrare su due fronti:
impedire che i legalizzatori a singhiozzo (tipo Partito Democratico e alcuni partiti di area cosiddetta centrista) usino la legalizzazione come merce di scambio politico;
sviluppare un confronto politico e scientifico con chi oggi è per lo status quo o più proibizionismo.
La legalizzazione della cannabis non deve essere merce politica. Mentre per alcuni sarà eternamente un tabù ideologico (la libertà dell’individuo la considerano solo quando è funzionale alle proprie ideologie), non è detto che per altri non possa essere solo questione di informazione scientifica e politica.
Quanto accade in Usa, dove i muri in materia tra Democratici e Repubblicani si sgretolano, è un valido esempio.
La scelta legalizzatoria della Germania, per l’autorevolezza in sé e per la forte componente realista e pragmatica che le scelte tedesche hanno su tutto il continente europeo, è buona occasione per un confronto che non sia merce politica, ma alla radice dei problemi sanitari, sociali ed economici… radice che non può non creare un interscambio tra cosiddetta sinistra e cosiddetta destra e cosiddetto centro. In un Paese di “sfascismo” e campagna elettorale permanente è difficile, ma…