MILANO – “L’azione – ossia il taglio degli alberi – non deve far dimenticare l’intenzione di tale abbattimento”, nota il Comitato scientifico centrale del Club alpino italiano Il Club alpino italiano prende posizione sull’inizio dei lavori per la costruzione della nuova pista da bob a Cortina d’Ampezzo, cominciati con il taglio di 500 larici secolari. Lo fa, sposando appieno la visione del Comitato scientifico centrale sul tema, espressa in un articolo che condividiamo qui
“L’azione – ossia il taglio degli alberi – non deve far dimenticare l’intenzione”, nota il Csc. Infatti, se è gravissima la perdita, in termini di naturalità del territorio e del paesaggio, va pure ricordato che i “parchi a larice” da secoli sono soggetti a tagli per l’utilizzo di legname nell’edilizia e nell’industria del mobile. Tagli però, ben diversi da quello a raso effettuato in questo caso, senza alcun rispetto delle procedure forestali. La questione più importante, è il motivo – l’intenzione – che sta dietro a tale abbattimento. Il problema vero, è la costruzione dello Sliding Centre di Cortina. Un’opera contro cui si sono espressi in molti, fra comuni cittadini, associazioni e comitati civici, e anche lo stesso Comitato Olimpico Internazionale. Un’opera che, mutuando le critiche mosse dal CIO, è da ritenere intempestiva rispetto al cronoprogramma predisposto per le Olimpiadi invernali 2026, enormemente costosa (verosimilmente poco meno di un centinaio di milioni di euro), non sostenibile quanto al suo mantenimento in futuro, sostanzialmente inutile (vista la disponibilità di altri impianti già funzionanti e considerato il ristrettissimo numero di praticanti delle discipline sportive interessate). Il tutto senza considerare l’ulteriore consumo di suolo (diversi ettari) che l’opera comporta, problematica questa che già vede il Veneto posizionarsi ai primi posti fra le regioni italiane. “Eppure dovrebbe rappresentare un importante monito il rudere della pista da bob di Cesana Torinese, in Val di Susa, costruita per le Olimpiadi invernali di Torino del 2006 e ormai abbandonata da oltre 16 anni. Ma, evidentemente, anche in questo caso la storia non è magistra vitae. Per alcuni le “strategie di adattamento” ai cambiamenti climatici (meglio: al riscaldamento globale) consistono non già nel perseguire nuove modalità di frequentazione e valorizzazione del territorio e dell’ambiente, di minore impatto e coerenti con le mutate condizioni, bensì nell’investire nuove ingenti risorse pubbliche per continuare ad assicurare, nonostante tutto, le ormai sorpassate modalità di fruizione, anche se ciò comporta l’adozione di soluzioni ancora più impattanti ed energivore”, scrive ancora il Comitato scientifico centrale. “E nel frattempo… i boschi del Veneto e del Trentino, già devastati da Vaia (ottobre 2018) e ulteriormente feriti dalle piste forestali realizzate per i conseguenti lavori di esbosco, muoiono per la parassitosi da bostrico, la cui pullulazione trova spiegazione certamente nell’enorme quantità di legname a terra a seguito degli schianti provocati da quella tempesta, ma senza dubbio anche nelle mutate condizioni climatiche della montagna – nota ancora – così, l’immagine di sé che prossimamente darà Cortina d’Ampezzo e in genere la montagna veneto-trentina, rischia di essere quella di un territorio alpino pressoché privo di boschi, ma “ornato” da strutture arrugginite di metallo e cemento, a perpetuare il ricordo di tempi ormai irrimediabilmente passati”. “Il taglio dei larici, non solo sconvolge il paesaggio: in un’epoca in cui gli alberi servono per tirare via l’anidride carbonica dall’atmosfera, noi li tagliamo per progetti insostenibili invece di piantarli. Una follia data dall’antropocentrismo dilagante e becero di cui soffre l’uomo di oggi. Un vero e proprio atto di prepotenza”, ha dichiarato il Coordinatore Attività ambientali, parchi e ASviS Mario Vaccarella.