Pugile delle Terme o Pugile del Quirinale

La statua bronzea “Il Pugilatore a riposo”, conosciuta anche come Pugile delle Terme o Pugile del Quirinale, è una scultura greca alta 128 cm, datata alla seconda metà del IV secolo a.C. e attribuita a Lisippo o alla sua immediata cerchia; rinvenuta a Roma alle pendici del Quirinale nel 1885, è conservata al Museo nazionale romano. L’opera è uno dei due bronzi (l’altro è il cosiddetto Principe ellenistico), non correlati tra loro, scoperti su un versante del Quirinale nell’area del convento di San Silvestro e probabilmente appartenenti ai resti delle Terme di Costantino.Il soggetto dell’opera è un pugile seduto, colto probabilmente in un momento di riposo dopo un incontro;

le mani sono protette dai cesti (dal latino: caestus), grossi e complessi guantoni introdotti nella pratica pugilistica dal IV secolo a.C.: le quattro dita sono infilate in un pesante anello costituito da tre fasce di cuoio tenute insieme da borchie metalliche.La statua è basata sul contrasto fra la quiete e il contenimento geometrico espressi dalle braccia appoggiate sulle gambe, e l’improvviso scatto della testa che si volta verso destra aprendo all’estetica lisippea del kairos. Gli inserti in rame, sulla spalla destra, sull’avambraccio, sui guanti e sulla coscia, rappresentano gocce di sangue colate dalle ferite nell’atto del volgersi della testa.Il corpo è muscoloso, reso con un trattamento non dissimile da quello riscontrabile nell’Eracle a riposo della versione Pitti-Farnese (v. Ercole Farnese); il viso, di cui si notano la cura della barba e della pettinatura, è di un uomo maturo e presenta i segni del tempo e dei numerosi incontri passati. Le tumefazioni sulle orecchie, in particolare, sembrano aggiungere un ulteriore elemento di realismo alla rappresentazione, quasi ad indicare nella sordità traumatica la ragione di quel volgersi repentino e teso della testa, in contrasto con la spossatezza del corpo.Alcune estremità della statua si presentano leggermente più lucide a causa dello sfregamento di antichi ammiratori, ciò dimostra quanto l’opera fosse tenuta in considerazione. L’enfasi sulle ferite da combattimento ha portato a identificare il pugile con quel Mys di Taranto che vinse per la prima volta nel 336 a Olimpia al termine di una carriera coronata da sconfitte così da divenire infine citazione proverbiale: “Come Mys in Pisa”.L’estrema accuratezza dei dettagli corrisponde alle caratteristiche evidenziate da Plinio nell’arte del maestro di Sicione (Nat. hist., XXXIV, 65), allo stesso tempo l’accentuato verismo del volto sembra attagliarsi con più precisione a quanto l’autore riferisce di Lisistrato, fratello di Lisippo, (Nat. hist., XXXV, 153), così che l’opera appare come il lavoro di una scuola in cui ormai convivono differenti tendenze foriere di importanti sviluppi.

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