Consulenza finanziaria di consulente poi sospeso o radiato, Responsabilità della banca

Una tematica attuale oggetto di numerosi contenziosi sia stragiudiziali che giudiziali riguarda gli investimenti compiuti attraverso una consulenza a distanza denominata “web collaboration” da parte di un consulente finanziario poi sospeso o radiato. La circostanza più frequente e fermo restando che esistono non poche variabili a questo format, che in questa sede sarà utile in ragione della stesura di questo articolo, riguarda quel cliente che viene seguito da un consulente finanziario poi raggiunto da un provvedimento di radiazione per accertate condotte illecite.

Anche non riguardanti l’attività svolta con il cliente. E’ opportuno sottolineare da subito che il fatto non è di per sé sufficiente per radicare una responsabilità in capo all’Intermediario, atteso che è necessario accertare in via preventiva se il consulente (spesso denominato anche e ancora come “promotore”), nello specifico rapporto con il cliente, abbia o meno posto effettivamente in essere comportamenti non corretti dei quali sarebbe chiamato a rispondere l’Intermediario in considerazione della responsabilità in solido verso il proprio collaboratore. Quello che è fondamentale stabilire è se sussistono i presupposti per agire anzitutto in via stragiudiziale come pure eventualmente in via giudiziale per ottenere il ristoro di quell’attività di investimenti che il cliente ha posto in essere irretito o convinto dai suggerimenti che egli riteneva affidabili e remunerativi (nel proprio interesse) da parte di un consulente che soggetto all’attività di direzione e coordinamento dell’Intermediario era identificato dal cliente come un’emanazione di quest’ultimo, professionale e orientato a rispettare tutte le norme e i regolamenti posti a salvaguardia del cliente stesso. L’attività è quella di una preanalisi da richiedere all’Avvocato di fiducia che sia esperto di questo genere di controversie. Cerchiamo di capire quali siano i contenuti più interessanti da individuare per comprendere se è o meno addebitabile una siffatta responsabilità. La prima potenziale criticità da ricercare consiste nel valutare se le operazioni di investimento fossero precedute dalla prestazione del servizio di consulenza in modalità c.d. “passiva”, in cui cioè l’Intermediario valuta l’adeguatezza delle operazioni che il cliente ha autonomamente scelto rispetto al profilo finanziario dello stesso, avvertendolo qualora l’esito di tale valutazione risultasse negativo. Tutto ciò si sostanzia in un documento che per quanto succinto è il verbale di esito consulenza. In esso vengono descritte le caratteristiche di ogni singolo prodotto o strumento finanziario valutato, e l’attestazione o meno di adeguatezza rispetto al profilo del cliente. Questo documento viene spesso (ma non sempre) consegnato al cliente tramite la “web collaboration” cioè una procedura informatica guidata, mediante la quale il cliente, accedendo all’area riservata del sito dell’Intermediario, visualizza il verbale di consulenza predisposto dal consulente di riferimento. Il menzionato distinguo ha una sua rilevanza perché non si dovrebbe confondere la consulenza svolta in modalità passiva con la procedura di web collaboration. A ben guardare la seconda fa seguito alla prima che viene riportata nelle condizioni del contratto sottoscritto. Ciò chiarito giova a questo punto ricordare che la responsabilità solidale dell’Intermediario per condotte poste in essere dal consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede in danno ai clienti, alla luce dell’art. 31, comma 3, del TUF prevede che “il soggetto abilitato che conferisce l’incarico è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi dal consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale”. Le strategie difensive di coloro che ad oggi si sono fatti avanti per garantire i propri diritti in ragione delle menzionate circostanze usualmente poggiano su due presupposti:
1) il cliente contesta e deduce di aver effettuato su indicazione di un consulente finanziario destinatario di una serie di provvedimenti disciplinari (come sospensione e radiazione) una serie di investimenti;
2) il promotore in questione suggeriva le operazioni d’investimento che il cliente, quasi sempre negli atti qualificato come inesperto in materia di investimenti, si limitava ad asseverare nella piattaforma di home banking. Sul punto giova sottolineare che almeno il sottoscritto ritiene come il concetto di inesperienza debba essere ben definito all’interno di un percorso di strategia difensiva che a titolo personale solo in alcune circostanze viene proposto a chi si rivolge per ottenere una consulenza su queste materie: non è un presupposto fondamentale per avere ragione essendo solo una possibile (e certamente utile) chiave interpretativa per accedere a delle criticità che possono eventualmente essere sollevate. Si tenga tuttavia ben presente che le doglianze così formulate, attinenti alla dinamica dei rapporti tra il cliente ed il personale dell’Intermediario, non possono essere meramente esposte, ma devono trovare riscontro in idonee evidenze, che è onere del ricorrente fornire. Infatti la prova in tali casi verte su circostanze che si collocano fuori dall’applicazione del principio di inversione dell’onere della prova di cui all’art. 23 del TUF, poiché solo in caso contrario l’intermediario si troverebbe nella posizione di dover fornire dimostrazione di un fatto negativo. E’ fondamentale fare attenzione nella fasi di pianificazione poiché la casistica sottoposta alla mia attenzione suggerisce che non siano pochi i casi in cui la strategia difensiva viene elaborata in modo sbagliato e si finisce cioè per eccepire delle presunte prove che non vengono poi prese in considerazione. Si è detto: prove. In quest’ottica difensiva usualmente mi è dato di rilevare che nel caso della “web collaboration” le stesse sono di due tipi:
1) conversazioni intercorse a mezzo di messaggistica, spesso whatsapp
2) il deposito delle delibere di sospensione e poi di radiazione adottate dall’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei Consulenti Finanziari
Quanto alla valenza probatoria delle riproduzioni dei messaggi nella chat, in ossequio al principio dell’atipicità delle prove e del libero apprezzamento del materiale istruttorio di cui all’art. 116 c.p.c., si rammenta che le trascrizioni di messaggi scambiati tramite messaggistica simil whatsapp, sebbene non configurabili quale documento avente piena efficacia di prova, trattandosi di conversazioni non estratte in forma conforme a quanto prescritto per i documenti “nativi digitali”, possono tuttavia costituire un elemento apprezzabile ai fini della soluzione della controversia e costituire, quanto meno, indizio attendibile della natura della relazione instauratasi tra il ricorrente ed il personale dell’intermediario.
Affinché questo possa accadere bisogna, come sopra riportato, creare una strategia che possegga i contenuti della ragionevolezza e del buon senso in aderenza alle norme e ai regolamenti tramite una costruzione pragmatica e organizzata che inserisca ogni tassello nel posto giusto.
Del resto dai contenuti della messaggistica è ragionevole supporre che la difesa del cliente vorrà sostenere la tesi che fosse il consulente a proporre gli investimenti evidenziando che lo stesso caricava delle proposte d’investimento evidentemente già discusse, dando per scontato che il cliente le avrebbe poi confermate, magari dopo pochi minuti, sulla piattaforma e sul punto può diventare molto utile, per esempio, indagare le date e gli orari dei messaggi laddove compatibili con i log delle operazioni.
Per ottenere il miglior risultato le simulazioni che producono diversi tipi di strategia difensiva sono a mio parere efficaci. Inoltre il cliente che si rivolge all’Avvocato può essere coinvolto nel valutare quale delle simulazioni sia la più aderente ai fatti come realmente verificatisi.
Una possibile strada percorribile riguarda anzitutto il focalizzarsi sull’autonoma determinazione all’investimento da parte del cliente, che fra l’altro sarà probabilmente la strategia difensiva dell’Intermediario (si rammenta che come spesso ho avuto modo di ribadire non è difficile anticipare le scelte difensive degli Intermediari perché usualmente sono serializzate e tendono a riproporsi pertanto possono anche essere indirizzate).
In quest’ottica arrivare ad ottenere una siffatta risposta dell’Intermediario (del genere: “ha fatto tutto lui/lei”) aprirebbe a tutte quelle perplessità che proprio il sistema di comunicazione “web collaboration” (come sopra spiegato) rivelerebbe tutt’altro che affidabili perché è attraverso quest’ultimo che sono stati sottoscritti i prodotti finanziari e per effetto come pure in conseguenza non è il cliente a identificare e ad inserire l’ordine. Egli diventa un mero esecutore essendo, invece, previamente il consulente a caricare sul sistema una proposta d’investimento formalmente richiesta dal cliente ma senza che sia possibile tracciare la fase preliminare di interlocuzioni tra le parti. Si noti come in questa costruzione giocava un ruolo essenziale il fatto che si tratta di un sistema che appare quantomeno poco tutelante per l’investitore, che dovrebbe altrimenti precostituirsi, per il caso di contestazioni, la prova delle interlocuzioni antecedentemente avvenute. Come certamente non sfuggirà all’interprete più attento in questo modo la buona definizione della difesa può sfruttare le negazioni plausibili che l’Intermediario potrebbe sostenere e così facendo importa e nel contempo se vogliamo sdogana la propria ricostruzione difensiva che assume una credibilità considerevole.
Così facendo si arriva a sostenere l’elemento essenziale che consiste nel fatto che uno dei possibili limiti della formula di “web collaboration” annida nel presupposto che nega la possibilità per il cliente di produrre prova. Quindi, se ciò corrisponde al vero (e lo sarà se l’Avvocato che patrocina la difesa del cliente ha ben elaborato il proprio scritto difensivo) occorre indagare questi limiti, di questa attività, non tanto e solo per come è concepita in sé che in realtà poco o nulla ci dice, bensì andando a ritroso con ulteriori elementi di prova che avvalorino in un cerchio che così si chiude, quelle prove che potrebbero già essere fortemente indiziarie (come estrapolate ad es. dalle messaggistica).
Alcuni di questi elementi che così si possono introdurre sono:
1) fin dall’apertura del conto corrente d’appoggio, i rapporti sono stati intermediati dal consulente;
2) non c’è mai stata viceversa l’esigenza di operare in totale autonomia;
3) il cliente ha sottoscritto con l’Intermediario un contratto di consulenza avanzata dietro remunerazione/percentuale annua del capitale investito con ciò ulteriormente dimostrando l’esigenza specifica di ricevere raccomandazioni all’investimento. Tutto ciò anche considerando che sempre cercando di stare un passo avanti rispetto all’Intermediario, quest’ultimo depositerà i reports di consulenza, in cui probabilmente ci potrebbe essere sempre la seguente formula del tipo: “con riferimento all’intenzione da LeiVoi autonomamente manifestata – in assenza di un preventivo nostro consiglio personalizzato – di conferirci unpiù ordinei per effettuare l’le operazionei di investimento …”.
In conclusione quello che è molto importante è personalizzare una strategia creando una serie di paradigmi e magari avvalendosi di simulazioni per testare quale si riveli più efficace. Per questa ragione è essenziale anzitutto rivolgersi a un Avvocato esperto di queste materie che possa fornire una preanalisi seria e ragionata nel merito delle effettive possibilità di agire in tutti i gradi.
La cosa da non fare è concepire atti per conto proprio dove procedere per tentativi, liste della spesa, affermazioni apodittiche e non verificabili, copia e incolla estrapolati da internet o cercare di suggerire eventi che non si sono veramente svolti in una certo modo. L’abitudine ad aggiustare il tiro provando a far passare il cubo nello spazio pensato per la sfera non funziona quasi mai. Bisogna lavorare molto attentamente senza dare per scontato che da un evento si possa ricavare un risultato. Nella scienza del diritto è l’applicazione metodica e ragionata delle norme, dei regolamenti e della giurisprudenza che fa la differenza in termini a volte anche persuasivi ma in special modo nel realismo con cui è opportuno impostare l’efficacia della propria ricostruzione in fatto come in diritto. Così si può ottenere il giusto ristoro, se dovuto.

Marco Solferini, legale, delegato sede Aduc Bologna

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.