PIEVE DIARI – Ognuno di noi è circondato dalle sue care persone. La famiglia, gli amici, i maestri che ci ispirano e diventano punti di riferimento
Quando ci lasciano il calendario affettivo delle ricorrenze si popola di compleanni mancati, di date tristi che ci ricordano quello spartiacque fra il prima e il dopo che ce le ha portate via. Una volta l’anno il calendario ce le ricorda collettivamente e ognuno esegue riti che si ripetono, fatti spesso di odore di fiori e incenso. In altre culture l’approccio con questo spartiacque è diverso e non si cercano definizioni alternative per questo appuntamento che segna per tutti il punto di non ritorno. C’è però un modo che accomuna tutti: il ricordo. Il ricordo trattiene le care persone con noi oltre il tempo che è stato concesso loro per vivere.
Nell’Archivio dei diari, accanto ai diecimila ricordi di vita allineati in ordine alfabetico sugli scaffali di vetro e metallo, c’è un luogo virtuale popolato dai ricordi delle care persone che non ci sono più. Sono genitori, figli, amici, lontani parenti e a volte anche diaristi che riposano in uno spazio virtuale animato dalle parole di chi ha voluto lasciare per loro un ricordo attraverso una donazione in memoria. Tutti questi ricordi condivisi raccontano piccole storie di affetti e ci regalano piccoli capolavori di scrittura, come quello che Paola Tellaroli ha dedicato a un suo amico caro: …] Di cose nel frattempo ne sono cambiate tante e la tua uscita di scena ne ha sconvolte parecchie. Dal canto mio devo ringraziarti, dato che quel diario che avevi letto l’ho portato avanti e avevi ragione, sai? É piaciuto, tanto che mi ha fatto vincere un premio e mi ha regalato la giornata più emozionante della mia vita. Da quel palco mi sono augurata che tu fossi orgoglioso di me. Ma quanto mi sarebbe piaciuto che ci fossi tu col tuo di diario su qual palco. E ora me ne sto qua a fissare il tuo numero senza sapere che farmene. E con l’appunto sul telefono che mi ricorderà ogni anno il tuo compleanno […] Sai, di tanti chilometri percorsi da quando te ne sei andato nemmeno uno l’ho rivolto verso di te perché la mia mente si rifiuta di accettare che ci sia successo veramente. Ma credo che semplicemente una mattina – quando riuscirò a stare sulle mie gambe con in testa il pensiero di venirti a trovare per non trovarti – uscirò di casa in bicicletta per prendere un treno prima e un tram poi. E magari ti porterò una carta da gioco come quelle che tu trovavi per strada un numero stupefacente di volte, mentre a me non è (ancora) mai capitato. Ma appena mi succederà te la porterò, promesso.
Mi manchi, amico mio. Vorrei che tornassi. O almeno che tu andassi in un posto che prevede orari per le visite.